giovedì 27 settembre 2012

Storia e aneddoti sulla mortadella Bologna


Per parlare di mortadella, il salume più famoso della tradizione gastronomica del Bolognese, facciamo un tuffo nella Bologna medioevale, quando intorno alle porte della città esistevano boschi e non un reticolo di strade e costruzioni come oggi. L’estensione di un bosco veniva calcolata in base al numero di maiali che poteva contenere. Questo dettaglio la dice lunga sull’importanza che aveva il maiale a quei tempi e che ha sempre avuto nel territorio bolognese.

I “salaroli” bolognesi, ossia i salumieri del tempo, che diedero vita ad una delle più antiche corporazioni di Bologna, e che già nel 1376 avevano per stemma un mortaio con pestello, pare avessero ereditato la ricetta della mortadella dall’antica Felsina etrusca e dalla Bonomia dei Galli Boi, ricchi di querceti che fornivano ghiande saporose ai numerosi maiali locali, selvatici e addomesticati.
Tant’è vero che il mortaio veniva utilizzato dai Romani per pestare e impastare le carni suine con sale e spezie e proprio dall’utilizzo del “mortarium” sembra derivi il nome del salume.
I salaroli, dopo avere prodotto la mortadella, vi applicavano dei sigilli di garanzia e ne custodivano gelosamente la ricetta.

Un viaggiatore del Settecento così descrive la loro attività: “Tagliavano la carne di maiale in piccoli pezzi, lasciando intuire che non sceglievano una parte precisa e dopo averla condita con sale comune, pepe, agli e un po’ di salnitro con essa riempivano budella di manzi. E dopo avere lasciato queste mortadelle per circa due giorni in salamoia le fanno bollire in acqua, avendo cura di cuocerle piuttosto poco che tanto. Poi le appendono alla cappa del camino fino a che siano asciutte. Così confezionate si conservano bene per un anno o due”.

Pare che la denominazione "mortadella" risalga al 1661. Allora non esistevano le cerificazioni d’origine, evidentemente però le truffe e le contraffazioni si praticavano già e in quell’anno, proprio per regolare la produzione di questo preziosissimo salume, il cardinale Ranuccio Farnese pubblicò un bando che vietava la produzione di mortadella con carni diverse da quelle di maiale, anche perché tale reato provocava “in grave pregiudicio del Pubblico, e particolarmente della Dote che gode ab antiquo detta città di fabbricar Mortadelle d'isquisita perfettione”.

Secondo gli storici tale provvedimento rappresenta il primo tentativo compiuto in Italia per tutelare una specialità gastronomica e anticipa in un qualche modo l’attuale disciplinare di produzione.

Nel 1998, la Mortadella di Bologna ottiene dall’Unione Europea la denominazione l’IGP (Indicazione Geografica Protetta) e nel 2001 nasce il Consorzio Mortadella Bologna (http://www.mortadellabologna.com), con l’obiettivo di tutelare e promuovere la Mortadella di Bologna IGP.
Il Consorzio riunisce complessivamente una trentina di aziende dell’Emilia Romagna e di altre zone dell'Italia centro-settentrionale dove il famoso salume si è diffuso nel corso dei secoli fino ai nostri giorni.

Le aziende che aderisco al Consorzio insieme producono circa il 95% di tutta la Mortadella Bologna IGP attenendosi al Disciplinare di produzione dell'indicazione geografica protetta "Mortadella di Bologna".

Tra le aziende produttrici bolognesi spicca il Salumificio Alcisa (http://www.alcisa.it), che rifornisce al ristorante Il Giardino la mortadella "Due Torri di Filiera", prodotta esclusivamente con carne proveniente da suini nati, allevati e macellati in Italia.

martedì 25 settembre 2012

Genio e sregolatezza: le vignette di Luigi Vecchi




Si apre venerdì 28 settembre alle ore 18,30 al Caffè della Corte in Corte Isolani la mostra di vignette di Luigi Vecchi dal titolo "Genio e Sregolatezza" curata da Simonetta Villoresi, che resterà in visione anche sabato 29 e domenica 30 settembre.
 La definizione coniata da Perroux, noto penalista e maestro di Luigi Vecchi, coglie perfettamente i caratteri e il talento di quest'uomo che fu per molti e ancora oggi, un punto di riferimento culturale per la città di Bologna. Noto penalista e cassazionista, convisse tutta una vita tra la vocazione per la scrittura e la sua professione di avvocato, che lo videro impegnato in molti celebri processi quali La Banda della Magliana; il Caso Grisolia; il Caso Nigrisoli; Don Zeno, amico suo fraterno, per Nomadelfia; Il Cardinale Lercaro; Alfonsina Cottini e altri come Pasolini, suo amico personale fin ai tempi del ginnasio al Galvani. Le vignette, esposte nello splendida cornice del cortile del Caffè della Corte, restituiscono, sdrammatizzata, la visione che Luigi Vecchi aveva dell'umanità e specialmente del suo "emozionato" rapporto con la femminilità che, tra amore e insofferenza, delirio e passione, estraneità e partecipazione, rappresentò la croce e la delizia della sua esistenza.

L'ingresso è libero.

giovedì 20 settembre 2012

Bulåggna la grâsa par chi i stà, brîsa par chi i pâsa

Il significato del noto detto bolognese è che Bologna la grassa è per chi ci abita non per chi è di passaggio...
A questo motto, i bolognesi aggiungevano spesso:
Bononia docet, Bûdri sbdòcet! 
Che tradotto significa "Budrio spidòcchiati!"..., cioè invasi dai pidocchi!!!
Qualche budriese conosce questo detto che pare si utilizzasse un tempo per canzonare gli abitanti del paese dell'ocarina!!!
In ogni caso i budriesi non incassavano porgendo l'altra guancia,reagivano mettendo l'asso di briscola e rispondevano:
"I bulgnîs i én lûv, bécc e curiûs",  tradotto "i bolognesi sono ingordi, cornuti e curiosi".


Pare dunque che i sondaggi e le statistiche usassero anche in passato, magari con metodi un po' più empirici di oggi...
Certo è che la nomea di Bologna la Grassa risale al lontano Medioevo, in relazione ad una cultura alimentare caratterizzata da varietà,  abbondanza e qualità, che riguardava le ricche famiglie bolognesi.
Nel Medioevo, per una città, questo appellativo poteva considerarsi un complimento, poiché la ricchezza della cultura alimentare era sinonimo di prosperità economica.

A Bologna, la cultura culinaria è legata in maniera forte all'Università di Bologna, fondata nel 1088, l'Alma Mater Studiorum. Per centralità nella cultura della città, Bologna è indicata anche come "la Dotta", o "i dotti". Questa famosa università, fondata nel 1088, ha sempre attratto gli studenti illustri a Bologna da tutto il mondo.

Durante il Medioevo, uno studente doveva provenire da una ricca famiglia per frequentare l'università, e molti studenti provenienti da tutta Europa hanno portato con loro decine di dipendenti, tra i quali cuochi. 
Come risultato di questi cuochi stranieri e dei loro diversi metodi di cottura, la cucina bolognese ha progressivamente assunto un sapore nuovo, che incorpora elementi dalle vicine culture europee.

Senza la prestigiosa università, la cucina bolognese non si sarebbe sviluppata con la stessa forza come ha fatto e, senza la ricca tradizione culinaria, l'università non sarebbe diventata così famosa. 
In questa città, cultura e cucina sono uniti insieme in un rapporto simbiotico che risale ad un millennio fa e ancora oggi è forte...

La cucina è una bricconcella

Ecco come descrive la cucina Pellegrino Artusi, nella sua opera originaria del.1891 “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”.

«La cucina è una bricconcella; spesso e volentieri fa disperare, ma dà anche piacere, perché quelle volte
che riuscite o che avete superata una difficoltà, provate compiacimento e cantate vittoria.
Diffidate dei libri che trattano di quest’arte: sono la maggior parte fallaci o incomprensibili, specialmente quelli italiani; meno peggio i francesi: al più al più, tanto dagli uni che dagli altri, potrete attingere qualche nozione utile quando l’arte la conoscete.
Se non si ha la pretesa di diventare un cuoco di baldacchino non credo sia necessario, per riuscire, di nascere con una cazzaruola in capo; basta la passione, molta attenzione e l’avvezzarsi precisi: poi scegliete sempre per materia prima roba della più fine, che questa vi farà figurare. Il miglior maestro è la pratica sotto un esercente capace; ma anche senza di esso, con una scorta simile a questa mia, mettendovi con molto impegno al lavoro, potrete, io spero, annaspar qualche cosa. [...]
Per saperne di più su Pellegrino Artusi, visita il sito: http://www.pellegrinoartusi.it

lunedì 17 settembre 2012

Ragù alla bolognese, la ricetta ufficiale

Era domenica 17 Ottobre 1982, per esattezza alle ore 13,15, quando a Bologna presso l’Hotel Royal Carlton via Montebello n 8, la Delegazione Bolognese della Accademia Italiana della Cucina sottoscrisse un verbale che depositava la ricetta ufficiale del vero Ragù Bolognese, proprio quella della tradizione dei Ristoranti di Bologna la Grassa, davanti al Dott Aldo Vico di Bologna. Presenti il prof. Zangheri di Rimini, il dott. Nuvoletti Conte Giovanni e il prof. Cetrullo Carlo, docente universitario.


"Il prof Cetrullo Carlo, nella anzidetta sua qualità, dichiara che la Delegazione Bolognese della Accademia della Cucina ha voluto, avviando indagini lunghe e laboriose, promuovendo e realizzando indagini di natura storica, sociale, d’ambiente, mercantile, turistica e folcloristica, nonché indicendo pubblica consultazione a mezzo del giornale quotidiano aperta ad ogni strato sociale dell’intera popolazione della città di Bologna"

SOLENNEMENTE DECRETA 

Che la Ricetta del ‘Ragù Classico Bolognese’, la cui fama, oltre ad essere universale, è secolare, tanto da perdersi nella Storia per sconfinare nella Leggenda, è la seguente:

Componenti e Quantità
  • Cartella di manzo gr 300
  • Pancetta distesa gr 150
  • Carota gialla gr 50
  • Costa di sedano gr 50
  • Cipolla gr 30
  • Salsa di pomodoro Cucchiai 5
  • Vino bianco secco bicchieri 1\2
  • Latte intero bicchieri 1
  • Utensili necessari
  • Tegame di terracotta circa 20 cm di diametro
  • Cucchiaio di legno
  • Coltello a mezzaluna

PROCEDIMENTO
  • Si scioglie nel tegame la pancetta tagliata a dadini e tritata con la mezzaluna;
  • si aggiungono le verdure ben tritate con la mezzaluna e si lasciano appassire dolcemente;
  • si aggiunge la carne macinata e la si lascia, rimescolando sino a che sfrigola;
  • si mette 1\2 bicchiere di vino ed il pomodoro allungato con poco brodo;
  • si lascia sobbollire per circa due ore aggiungendo , volta a volta, il latte e aggiustando di sale e pepe nero
  • Facoltativa, ma consigliabile, l’aggiunta, a cottura ultimata, della panna di cottura di un litro di latte intero

martedì 11 settembre 2012

La misura esatta della tagliatella bolognese


Al 1972, per l’esattezza il 16 aprile risale il primo deposito da parte della Delegazione Bolognese dell'Accademia Italiana della Cucina. Originale e molto curioso è il verbale notarile, redatto dal Notaio Aldo Vico di Bologna, dove vengono stabilite le caratteristiche delle tagliatelle bolognesi autentiche. Sulla base di nozioni storiche, l'Accademia stabilì che la larghezza della Tagliatella bolognese originale 
cotta e servita in tavola è di 8 mm, mentre da cruda, al momento del taglio, deve essere di 6,5 o, a seconda della durezza della pasta, al massimo di 7 mm.
La cosa più divertente e leggendaria è che nello stesso verbale si dice che questa misura corrisponde alla 12.270esima parte dell'altezza della Torre Asinelli di Bologna… A testimonianza delle tradizioni gloriose della cucina bolognese, tale misura è stata riprodotta in un campione aureo, racchiuso in uno scrigno, che reca la scritta "8 mm “misura della Tagliatella - Accademia Italiana della Cucina – 1972”, gelosamente conservato nel Palazzo della Mercanzia di Bologna.
 Le firme in calce al verbale di deposito sono del marchese Gavotti, Console di Turchia, del Dott. Camacina, giornalista e gastronomo, del Comm. Majani, industriale bolognese e delegato di Bologna dell'Accademia Italiana della Cucina.

lunedì 3 settembre 2012

Un luogo comune da sfatare: gli spaghetti alla bolognese




È uno dei tanti stereotipi che danneggiano la cucina italiana nel modo e purtroppo gli spaghetti alla bolognese esistono dappertutto nel mondo… tranne che a Bologna!

Gli spaghetti, quindi, on sono certamente da attribuirsi alla cucina bolognese, né tantomeno a quella emiliana che, rispetto alla pasta di semola di grano duro, più tipicamente meridionale, ha sempre privilegiato la sfoglia fresca all'uovo.

Dobbiamo pertanto contribuire a sfatare questo luogo comune: gli spaghetti sono diffusissimi nel Nord Europa, dove li vendono persino in lattina…, in America e persino in Giappone, con cui addirittura farciscono i panini!

I britannici consumano fino a 670 milioni di porzioni all’anno di spaghetti, chiamandoli spag bol e li condiscono, secondo la loro convinzione, “all’italiana”, cioè con tutto quello che capita: aglio, olio, pomodori pelati in scatola e con il terrificante “parmesan”, una delle più grandi falsificazioni al mondo del Parmigiano Reggiano. Nei ristoranti italiani del mondo si trovano spesso nel menu alla carta con i più disparati condimenti che scimmiottano il ragù alla bolognese, anche in questo caso con ingredienti che nulla hanno a che vedere con la ricetta tradizionale.

L’origine di questo stereotipo sembra risalire alla II Guerra Mondiale, quando gli alleati americani e britannici, passando per l’Emilia, entrarono in contatto con la nostra cucina e gradirono le tagliatelle al ragù. Poi, fatto ritorno alle loro nazioni, rivolgendosi agli emigrati italiani che si erano dedicati alla ristorazione, raccontarono il piatto, ignorando le differenze delle cucine regionali. 
I ristoratori, che chissà da quale regione provenivano, e non certo dall'Emilia, cercarono di accontentarli, con i risultati che ancora oggi si possono osservare.

La ricetta del ragù bolognese, in dialetto “ragò”, viene interpretata in un numero infinito di modi, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo delle carni trite che nella ricetta ufficiale – quella depositata il 17 ottobre 1982 all'Accademia Italiana della Cucina alla Camera di commercio di Bologna – sono la “cartella”, taglio della pancia del bovino, e la pancetta, ma oggi spesso sono sostituite da carni più magre che, ovviamente, riducono i tempi di cottura. 


Al Giardino chiedete il “Menù Vera Bologna”




Il Ristorante Il Giardino aderisce al Menù Vera Bologna che, dal 15 aprile al 30 novembre, consente di gustare i piatti della migliore tradizione bolognese secondo la ricetta depositata alla Camera di Commercio e ad un prezzo particolarmente conveniente.
L’iniziativa, promossa da Confcommercio Ascom, Cciaa, Lions Club Bologna Re Enzo, Accademia italiana della Cucina e gode del sostegno di comune, provincia, regione Emilia Romagna e Apt Servizi, ha selezionato i migliori ristoranti di Bologna e provincia che interpretano la vera cucina bolognese e si impegnano a rispettare le vere ricette tradizionali depositate alla Camera di Commercio dall'Accademia Italiana della Cucina, offrendo un menù al prezzo di euro 25, 35, 45, secondo la categoria del ristorante.
I bolognesi e soprattutto i turisti avranno così un’occasione unica per conoscere, oltre che “Bologna la dotta”, ovvero gli aspetti culturali del territorio, anche Bologna “la Grassa”, cioè la tipicità della sua gastronomia.
A fare da punto di riferimento informativo il portale www.menuverabologna.it, disponibile in sette lingue, tra cui russo e cinese. Il Ristorante Il Giardino propone un menù da 45 euro, inserendo nella carta 5 ricette selezionate dall’Accademia Italiana della Cucina tra i sedici piatti più rappresentativi della tradizione culinaria bolognese e tutte depositate presso la Camera di Commercio di Bologna, ovvero:

Tagliatelle alla bolognese con ragù di carne
Mousse di Mortadella
Cotoletta alla bolognese
Friggione
Pinza di Bologna 

La Mousse di mortadella, prodotto principe della tradizione di Bologna che spesso s’identifica con il nome stesso della città.
Questa ricetta facile e rapida mantiene inalterata la fragranza della celeberrima specialità bolognese.La mortadella è di origine antichissima e l’imperatore Augusto ne era ghiotto. Il nome deriva dal mortaio nel quale si pestava la carne di maiale e il mirto che la aromatizzava prima dell’avvento del pepe. La Mortadella Bologna si fregia del marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta) che la Commissione Europea attribuisce solo ai prodotti che vantano nobili origini ed una lunga tradizione di alta qualità.

La Tagliatella alla bolognese al ragù di carne, prevede una ricetta sia per la tagliatella, che 
cotta e servita in tavola deve essere larga 8 mm, sia per il ragù, il cui procedimento prevede un soffritto di sedano, carota e cipolla e l’aggiunta di polpa di cartella di manzo e pancetta di maiale.

Nei secondi, la Cotoletta alla bolognese, variazione della cotoletta alla milanese, che secondo la ricetta originaria è preparata con un sottile pezzo di vitello ben battuto e passato nell'uovo sbattuto e nel pangrattato. Poi, una volta dorato in padella con burro e guarnito di prosciutto crudo e formaggio in scaglie, si versano due cucchiai di brodo caldo, un poco di burro e si lascia in padella sino a che il formaggio si sarà fuso; in aggiunta, si può arricchire con una punta di sugo di pomodoro o con lamelle di tartufo profumato.

Il Friggione è uno dei piatti più versatili della tradizione bolognese, e può essere servito come salsa di contorno, crema per crostini o condimento per la pasta.
Poche ed essenziali materie prime – cipolle bianche, pomodori pelati, strutto, sale e zucchero – ma tutt’altro che banale nel procedimento, come si addice ai piatti che più sono semplici più anelano all’eccellenza. Per essere semplicemente perfetto è necessario un ritorno alle materie prime di primissima scelta e cuocere a lungo e a fuoco lento.

La Pinza di Bologna, tanto cara al territorio bolognese, deve il suo nome alla forma del dolce, poiché la pasta frolla avvolge la marmellata come una pinza. Spesso preparata in prossimità delle feste natalizie, con l'ingrediente a base di mostarda bolognese, ovvero marmellata nera di cotogne, scorze di agrumi e uva sultanina, mandorle, noci, pinoli o, in alternativa, con una buona marmellata di prugne un po’ asprigna. 
Caratteristica principale della pinza bolognese è la conservazione, che può raggiungere fino a 15 giorni dopo la preparazione, senza deteriorarsi.