Per parlare di mortadella, il salume più famoso della tradizione gastronomica del Bolognese, facciamo un tuffo nella Bologna medioevale, quando intorno alle porte della città esistevano boschi e non un reticolo di strade e costruzioni come oggi. L’estensione di un bosco veniva calcolata in base al numero di maiali che poteva contenere. Questo dettaglio la dice lunga sull’importanza che aveva il maiale a quei tempi e che ha sempre avuto nel territorio bolognese.
I “salaroli” bolognesi, ossia i salumieri del tempo, che diedero vita ad una delle più antiche corporazioni di Bologna, e che già nel 1376 avevano per stemma un mortaio con pestello, pare avessero ereditato la ricetta della mortadella dall’antica Felsina etrusca e dalla Bonomia dei Galli Boi, ricchi di querceti che fornivano ghiande saporose ai numerosi maiali locali, selvatici e addomesticati.
Tant’è vero che il mortaio veniva utilizzato dai Romani per pestare e impastare le carni suine con sale e spezie e proprio dall’utilizzo del “mortarium” sembra derivi il nome del salume.
I salaroli, dopo avere prodotto la mortadella, vi applicavano dei sigilli di garanzia e ne custodivano gelosamente la ricetta.
Un viaggiatore del Settecento così descrive la loro attività: “Tagliavano la carne di maiale in piccoli pezzi, lasciando intuire che non sceglievano una parte precisa e dopo averla condita con sale comune, pepe, agli e un po’ di salnitro con essa riempivano budella di manzi. E dopo avere lasciato queste mortadelle per circa due giorni in salamoia le fanno bollire in acqua, avendo cura di cuocerle piuttosto poco che tanto. Poi le appendono alla cappa del camino fino a che siano asciutte. Così confezionate si conservano bene per un anno o due”.
Pare che la denominazione "mortadella" risalga al 1661. Allora non esistevano le cerificazioni d’origine, evidentemente però le truffe e le contraffazioni si praticavano già e in quell’anno, proprio per regolare la produzione di questo preziosissimo salume, il cardinale Ranuccio Farnese pubblicò un bando che vietava la produzione di mortadella con carni diverse da quelle di maiale, anche perché tale reato provocava “in grave pregiudicio del Pubblico, e particolarmente della Dote che gode ab antiquo detta città di fabbricar Mortadelle d'isquisita perfettione”.
Secondo gli storici tale provvedimento rappresenta il primo tentativo compiuto in Italia per tutelare una specialità gastronomica e anticipa in un qualche modo l’attuale disciplinare di produzione.
Nel 1998, la Mortadella di Bologna ottiene dall’Unione Europea la denominazione l’IGP (Indicazione Geografica Protetta) e nel 2001 nasce il Consorzio Mortadella Bologna (http://www.mortadellabologna.com), con l’obiettivo di tutelare e promuovere la Mortadella di Bologna IGP.
Il Consorzio riunisce complessivamente una trentina di aziende dell’Emilia Romagna e di altre zone dell'Italia centro-settentrionale dove il famoso salume si è diffuso nel corso dei secoli fino ai nostri giorni.
Le aziende che aderisco al Consorzio insieme producono circa il 95% di tutta la Mortadella Bologna IGP attenendosi al Disciplinare di produzione dell'indicazione geografica protetta "Mortadella di Bologna".
Le aziende che aderisco al Consorzio insieme producono circa il 95% di tutta la Mortadella Bologna IGP attenendosi al Disciplinare di produzione dell'indicazione geografica protetta "Mortadella di Bologna".
Tra le
aziende produttrici bolognesi spicca il Salumificio Alcisa (http://www.alcisa.it), che rifornisce al ristorante Il Giardino la mortadella "Due Torri di Filiera", prodotta esclusivamente con carne proveniente da suini nati, allevati e macellati in Italia.